Fini naturali
Storia & riscoperta del pensiero teleologico
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Esaurito
Questo libro è il capolavoro di Spaemann, certamente l’opera a cui si sente più legato. Come rileva il card. Ruini nella Prefazione, «È davvero difficile individuare, nel panorama attuale, uno studio della stessa densità e acutezza». Spaemann accompagna il lettore in uno straordinario cammino lungo la storia di una delle categorie fondamentali della filosofia occidentale, quella di finalismo e di teleologia, che è al centro di una nuova riconsiderazione a partire dai dibattiti sulla bioetica, sulla biopolitica, sull’ecologia. Il suo intento teoretico è di rimuovere il pregiudizio scientista per cui osservare i processi naturali sotto l’aspetto del loro orientamento a un fine sarebbe sterile. In realtà, senza il nesso tra fine e bene non possiamo nemmeno sapere quali mezzi siano utili alla nostra vita, dal momento che la vita stessa è sempre tensione verso un fine, è sempre «un mirare a qualcosa». L’«eclisse dei fini» e il dilagare della ragione strumentale, che caratterizzano la nostra epoca, producono alla lunga una perdita netta di libertà privandoci dei criteri oggettivi capaci di arginare quello scatenarsi illimitato di desideri soggettivi che distruggono le condizioni vitali della famiglia umana. Solo se esiste un fine naturale della vita degli uomini sussiste la possibilità che l’agire degli Stati, volto al mantenimento del genere umano, resti compatibile con gli scopi degli individui. Solo se esiste una normalità fondata su una comune natura umana, dalla quale non vogliamo né possiamo emanciparci, è possibile la democrazia. Per questo l’Europa deve ripensare la sua eredità classica, e al suo interno un concetto decisivo come quello di «fine» (telos): diversamente essa rischia di diventare il luogo dal quale l’abolizione dell’uomo si estenderà all’intero pianeta.
Il libro raccoglie anche il contributo di Reinhard Löw, allievo di Spaemann, scomparso prematuramente nel 1994.