Esce per le Edizioni Ares il Profilo dell’unica scrittrice italiana Premio Nobel: Grazia Deledda. Ne abbiamo parlato con l’autrice Laura Vallieri, docente di Lettere.
Grazia Deledda. Cuore indomabile, come mai hai scelto questo aggettivo?
Perché la rappresenta e rappresenta anche i suoi personaggi, che sono esseri umani che non abbassano mai il livello del loro desiderio; vivere all’altezza del proprio desiderio: questo è il cuore indomabile di Grazia.
C’è un episodio nel libro in cui viene rappresentato bene questo aggettivo?
Sì, direi che ce ne sono due, uno un po’ più domestico, quando lo zio canonico Cambosu, che era il fratello della madre, vista la carriera letteraria che lei stava facendo – lui era stato il suo primo maestro che le aveva insegnato a leggere e a scrivere – le dice «Adesso, però, ricordati che sei donna e battezzata» sottintendendo “Non montarti la testa che sei solo una donna”. Allora lei dopo un po’ di anni gli porta una stola che aveva ricamato e gli dimostra che era capace anche di ricamare se voleva, cioè di “fare la donna” come intendeva lui e tutto il mondo di allora e gli dice: «Non mi sono dimenticata, né che sono donna, né che sono battezzata.»
E questo secondo me è proprio il cuore indomabile di Grazia. Un episodio che mostra il suo coraggio di rimanere legata a quello che lei è, senza avere bisogno di essere per forza altro da ciò che desidera, perché lei amava allo stesso modo sia essere donna che scrivere.
Cosa diresti alla te stessa di tanti anni fa, che ha lasciato in sospeso Deledda per molto tempo prima di leggerla?
Che ho fatto bene, perché per leggere Deledda ci vuole l’esperienza della vita – non che questo significhi che sia una lettura solo per adulti. Secondo me prima dei 15, 16, 17 anni, non è l’ideale leggere i suoi romanzi perché se ne perderebbe la profondità. Ci vuole la vita, bisogna aver vissuto, per capire un’autrice come Grazia Deledda. Ai ragazzi si possono leggere invece le sue novelle che sono alla portata dell’esperienza dei giovani.
E per i neofiti da che libro consiglieresti di partire?
Consiglierei Elias Portolu, sicuramente La madre, La via del male, L’edera.
Secondo me questi sono i romanzi da cui bisogna partire per capire lo sguardo di Deledda sull’umanità e sui grandi temi che riguardano tutti.
Anche Cosima, che è il romanzo autobiografico, la sua ultima opera, incompiuta. I romanzi della sua maturità artistica sono quelli in cui è riuscita a scandagliare maggiormente l’animo dei personaggi, pur mantenendo una narrazione sempre viva, molto accattivante.
Cosa ti ha colpito maggiormente di lei?
Che non è giudicante, che sta davanti ai suoi personaggi con grandissima passione, senza essere tranchant (ndr “tagliente”) nel giudizio, anche quando si incamminano sulla via del male. Lascia sempre aperta la porta anche al ladro, all’assassino, al mentitore, al traditore, non annulla mai la persona e si capisce chiaramente che disprezza il male, ma la persona la salva sempre, non nel senso che la giustifica, ma nel senso che colpisce il peccato e non il peccatore. Questo è l’aspetto che mi ha colpito di più di lei.
Com’è la sua Sardegna?
La sua Sardegna è originale. Originale nel senso che dà origine alle cose, è all’origine della vita e originale perché non c’è una terra come la Sardegna, particolare, unica fatta di varietà affascinanti, una terra dai molteplici volti come sono differenti i luoghi che la incarnano, la montagna più crudele e dura, che può essere nascondiglio di banditi o luogo incantato abitato da creature oppure il mare così evocativo e misterioso e mille altri luoghi che Deledda vive e quindi sa raccontare come personaggi vivi.
Se Grazia fosse un elemento della natura, quale sarebbe?
Sarebbe l’asfodelo, un fiore che cresce in Sardegna, molto alto, snello e piccolino, bianco, col quale si fa un miele buonissimo, e si intrecciano gli steli secchi per fare i cestini. Sarebbe qualcosa di utile, bello da vedere e da gustare.
Se vivesse oggi, di cosa scriverebbe in particolare?
Sarebbe colpita dalla violenza senza senso dei giovani, dai loro atti così sconsiderati e scriverebbe sicuramente qualcosa in proposito; dell’amore famigliare, soprattutto materno, che spesso può diventare un amore tossico, un amore che non aiuta a crescere; del disagio all’interno delle famiglie contemporanee; dell’amore fra l’uomo e la donna, spesso così poco profondo e superficiale.
Se avessi l’opportunità di farle una domanda, quale sarebbe?
Mi porti in montagna con te?
Alessia Soldati
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