La letteratura è ricca di figure femminili celebrate per grazia e bellezza, ma ci sono state anche donne coraggiose e forti che hanno combattuto come uomini. Sono guerriere le cui gesta vengono esaltate nella storia della letteratura fin dalle Amazzoni di Omero, per arrivare ai poemi cavallereschi del Rinascimento: esempi di forza e indipendenza, attuali come non mai, che seppero fare scelte audaci e controcorrente. Sara Rapino, docente di Lettere, racconta alcune storie di donne controcorrente nel suo nuovo libro Guerriere. Ne parliamo con lei.
Bradamante, Giovanna D’Arco, Marfisa, Clorinda. Perché hai scelto loro come protagoniste del tuo libro?
Io mi sono laureata in triennale su Marfisa e in magistrale su Clorinda. Quando mi sono trovata poi a insegnare questi argomenti ci ho messo tutta la mia passione, e proprio tramite l’insegnamento ho scoperto una serie di corrispondenze tra questi personaggi. È quindi sul campo che è nato il desiderio di realizzare un progetto, un libro che mettesse insieme i ritratti di queste donne, sottolineandone le somiglianze e le differenze, per mostrare ai lettori il forte richiamo fra di loro, a partire dall’Eneide per arrivare fino alla Gerusalemme liberata di Tasso, passando poi per la storia vera e propria con Giovanna D’Arco che ha dei punti in comune con questi personaggi che sono veramente sorprendenti.
Qual è stata la prima guerriera che ti ha ispirata e perché?
Marfisa, che è l’eroina secondaria rispetto a Bradamante nell’Orlando innamorato e nell’Orlando furioso. La professoressa Anna Maria Cabrini, con cui mi sono laureata in triennale e magistrale, me l’aveva proposta come personaggio da esplorare per la tesi triennale; in seguito, quando mi sono rivolta a lei per laurearmi alla magistrale, mi ha suggerito di continuare sul filone delle donne guerriere, esaminando poi Clorinda.
Ci sono elementi autobiografici nelle guerriere del tuo libro?
Sì, assolutamente. Penso che al di là delle grandi battaglie culturali che noi donne ci troviamo ad affrontare, in realtà ci sia anche un altro modo molto più ordinario di essere guerriere: affrontare a testa bassa e con tenacia ogni giorno, senza cedere ai momenti di fatica e di sconforto. Da parte mia c’è anche il desiderio di dimostrare che abbiamo valore, forza e coraggio. C’è anche un desiderio di riscatto.
Qual è il messaggio di parità di genere che le tue eroine trasmettono?
Innanzitutto, il fatto che loro sono valorose tanto quanto gli uomini. Una cosa che mi ha colpito molto studiandole è il modo in cui vengono tenute in considerazione dai loro compagni, sono donne rispettate, che vengono ritenute alla pari dai cavalieri con cui combattono. C’è una grandissima cortesia nei confronti di queste donne, che non è semplicemente frutto di un atteggiamento benevolo, ma nasce da una profonda stima nei lor confronti. Viceversa, queste donne hanno la stessa stima nei confronti degli uomini. Quindi sono donne e uomini che lottano insieme, fianco a fianco, scudo contro scudo.
Stima reciproca che forse manca totalmente ancora oggi, cosa ne pensi?
In certi contesti sì. Devo dire però che ho avuto l’opportunità di conoscere anche tanti uomini, soprattutto giovani, che hanno uno sguardo diverso sulle donne rispetto a quello che magari si poteva vedere fino a qualche decennio fa.
Secondo te, quali valori cavallereschi mancano maggiormente nel mondo moderno?
Secondo me proprio quei valori che componevano la cortesia, come, ad esempio, la lealtà, anche verso il nemico, che deriva dalla stima dell’avversario, dal riconoscergli un valore. E poi direi anche il saper prendere le difese dei più deboli, perché il cavaliere faceva questo, prendeva le difese di chi non aveva i mezzi per difendersi da solo come le donne, gli anziani, i bambini. Una cosa che mi ha colpito studiando Christine de Pizan, una delle donne di cui parlo in questo libro, una “guerriera della penna”, ovvero un’intellettuale straordinaria a cavallo tra il Trecento e il Quattrocento, si trovò vedova giovane, con una famiglia da mantenere, e si accorse che suo marito non aveva riscosso gli ultimi stipendi; quindi, dovette affrontare una battaglia legale per andare a bussare alle porte dei funzionari per incassare lo stipendio che a lei spettava in quanto vedova. Questa causa le costò anni, durante i quali scrisse delle poesie in cui lamenta la solitudine nella quale erano lasciate le vedove, Christine si trova a dover combattere per diventare lei stessa cavaliere in difesa delle donne che come lei vengono lasciate alla mercè della sorte.
Come reagiscono i tuoi alunni e le tue alunne quando racconti loro di queste guerriere?
I miei studenti hanno tra i quindici e i sedici anni e si sono sempre appassionati a queste storie, soprattutto quando notavano le corrispondenze per analogia o per opposizione tra questi personaggi. Si sono anche divertiti molto, le ragazze in particolare si sono gasate. Ho avuto modo di svolgere lezioni interattive: una volta ho diviso in gruppi la classe e ho affidato loro dei brani inerenti a Bradamante, a Marfisa o a Clorinda, che avevano dei tratti in comune e i ragazzi hanno dovuto rintracciare questi aspetti e metterli in relazione fra di loro, così che arrivassero a comporre il quadro generale di queste corrispondenze.
Nei libri di testo sono messe in evidenza le donne della letteratura?
Fino ad ora mi è capitato di vederle poco, per L’Orlando Furioso si parla di Bradamante, Marfisa è sempre lasciata in ombra, per esempio io al liceo non ho studiato nessuna di queste. Secondo me, soprattutto per i tempi che viviamo, queste donne andrebbero riscoperte per comunicare ai ragazzi che queste donne ci sono, sono valorose, sono coraggiose, sono forti e combattono alla pari con gli uomini (per esempio Argante entra in competizione con Clorinda nella Gerusalemme Liberata). È bellissimo soprattutto mostrare come queste donne siano stimate, non solo in virtù della loro forza, ma perché i cavalieri con cui combattono sono anche cavalieri nell’animo, sono magnanimi. Un’altra cosa che a mio parere bisognerebbe riscoprire a scuola sono le poetesse del Cinquecento, sicuramente non hanno raggiunto le vette di Ariosto o di Tasso, ma ci sono, per esempio Gaspara Stampa o Vittoria Colonna. È importante sapere che ci sono, e hanno avuto la loro voce nel nostro patrimonio, secondo me è giusto riportarle alla luce.
Hai in programma altri libri che esplorano l’universo delle figure femminili nella letteratura?
Al momento no, però sono rimasta veramente conquistata da Christine de Pizan, che è stata una donna che ha vissuto del suo mestiere intellettuale e una mamma che ha mantenuto da sola la famiglia con il suo lavoro. È la prima umanista donna, la prima storica dell’Occidente, perché le fu affidata la scrittura della biografia di Re Carlo V di Valois. Direi che soprattutto oggi è un personaggio da riscoprire, perché è verissimo che la maternità non deve essere messa in ombra dalla realizzazione professionale di una donna, perché anche questa comunque fa parte di noi. È bello vedere che Christine è riuscita a essere madre e imprenditrice anche nel momento buio della guerra dei Cent’anni. È un esempio che ci ricorda che possiamo fare tanto e raggiungere alti livelli insieme all’essere madre. Da La città delle dame che scrive Christine de Pizan notiamo che sua madre, la nonna dei suoi figli, le teneva i bambini mentre lei lavorava e scriveva; quindi, anche qui vediamo il ruolo dei nonni che aiutano la madre a lavorare e a mantenere la famiglia. E trovo che sia bellissimo, è una cosa molto attuale.
Raccontaci il progetto grafico dietro alla copertina.
Cercavo un affresco che ritraesse Bradamante, Marfisa, perché dall’Orlando Furioso sono stati tratti diversi cicli pittorici. Avevo trovato questa immagine che mi era piaciuta molto, però volevo renderla un po’ più pop, ho quindi cercato una grafica che la modernizzasse un po’. Mio marito aveva scaricato una semplicissima app sul telefono per rielaborare l’immagine e il risultato è piaciuto alla casa editrice che l’ha semplicemente riadattata. Così è diventata la copertina del libro, quindi è una copertina nata in casa. Questo è quello che vedo tra le guerriere e i loro compagni: io mi sono sempre sentita sostenuta da lui in questa scrittura, così come le guerriere del libro lottano fianco a fianco con i loro compagni d’arma. Sono contenta che questo libro parli anche di noi due insieme.
Si può essere una guerriera nella società di oggi?
Assolutamente, penso che la società di oggi ci dice che noi donne siamo guerriere. L’editoria, il giornalismo, la pubblicità, i social, ci dicono che la donna di oggi è una guerriera, perché si vuole smarcare dai vecchi stereotipi. Quindi sì, siamo chiamate a essere guerriere, che lo vogliamo o no.
Alessia Soldati