I volti della morte
Dalle catacombe al cinema e oltre
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Oggi la morte è un tabù – non bisogna parlarne, e le salme vanno esposte con moderazione…–, mentre paradossalmente la morte “virtuale” è diventata spettacolo molto diffuso nei film e nei videogiochi, a volte di barbarica violenza. Ma in un passato anche recente la morte era di casa, come lo era la nascita, e la si evocava e raffigurava con serena normalità. Questo libro indaga sulla presenza dell’idea della morte e la sua raffigurazione nella società civile e religiosa dai dipinti ipogei dei primi secoli cristiani all’impatto con la fotografia e la “settima arte” fino alla sua rappresentazione “liquida” dei nostri giorni, accostando elementi letterari, religiosi e figurativi la cui feconda complementarità consente di comprendere al meglio il variegato patrimonio iconografico depositato nei secoli.
Michele Dolz
Michele Dolz (Castellón, Spagna 1954) vive a Milano e insegna Storia dell’arte cristiana all’Università pontificia della Santa Croce (Roma). È autore di numerosi libri su arte e spiritualità, tra cui Il volto del Padre (con Rodolfo Papa, 2004) e, con Ares, Il Dio bambino (2020), Andy Warhol nascosto (2021) e I volti della morte (2022). Ha pubblicato libri di spiritualità e profili del fondatore dell’Opus Dei, tra cui ricordiamo Mia madre la Chiesa. Vita di san Josemaría Escrivá (San Paolo 2008).
Today, death is taboo – one should not talk about it, and corpses should be exhibited with moderation… -, while paradoxically ‘virtual’ death has become a widespread spectacle in films and video games, sometimes of barbaric violence. But in an even recent past, death was at home, as was birth, and was evoked and depicted with serene normality. This book investigates the presence of the idea of death and its depiction in civil and religious society from the hypogean paintings of the early Christian centuries to the impact of photography and “seventh art” up to its “liquid” representation of our days, juxtaposing literary, religious and figurative elements whose fruitful complementarity allows for a better understanding of the variegated iconographic heritage deposited over the centuries.