La ricchezza nel Vicino Oriente antico
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La Mesopotamia, e in particolare la terra di Sumer nella sua parte meridionale, raggiunse nel IV millennio a.C. livelli tali di organizzazione sociale, con grandi insediamenti urbani e la costruzione e manutenzione di una estesa rete di canali, da disporre di una elevata produzione agricola; la mancanza di minerali metallici, legname e pietre, indispensabili sia per la vita di tutti i giorni sia per il prestigio delle classi dominanti, rese necessario lo scambio di prodotti con aree adiacenti o anche remote che ne disponevano. L’invenzione della scrittura e lo sviluppo di una cultura scribale che superava i limiti degli Stati portarono, con l’estendersi dei contatti commerciali, alla diffusione su un’area molto più vasta e fra popoli eterogenei, dall’Anatolia alla Siria occidentale, al Caucaso e all’Iran, degli elementi della cultura mesopotamica: le lingue legate alla scrittura cuneiforme, sistemi legislativi e ideologie del potere, metodi amministrativi, culti e miti, opere letterarie, usi commerciali e tecnologie.
I temi trattati risultano così in realtà interdipendenti: la ricchezza presente nelle tombe reali di Ur del III millennio, i rapporti fra i re e la produzione agricola a Mari nel XVIII sec. a.C., la formazione di una grande rete commerciale internazionale e di un sistema moderno di finanziamento da parte dei mercanti della città di Aššur nel XIX sec. a.C. sono tutti aspetti esemplari della storia del Vicino Oriente antico legati fra loro da un unico sviluppo storico, così come l’ostentazione di ricchezze e oggetti di lusso, connessa all’idea di un impero universale perseguita dalla Corte assira del I millennio, e la politica di doni e tributi dell’impero achemenide, che ne fu il consapevole erede, illustrata con grande abilità propagandistica dalla processione della scalinata di Persepoli.