Parlando di Ezra Pound – e non bisognerebbe mai smettere – Ezra Pound. Un mondo di poesia (Ares 2022, pp. 408, euro 27,80) di Massimo Bacigalupo, massimo esperto del poeta “di Rapallo”, appare molto più di una chicca e quasi una summa (se mai si potesse arrivare a tanto…) di una riflessione sulla sua figura durata una vita intera.
È fatale: mai come nel caso di Pound ci si trova di fronte a una serie indecidibile di contraddizioni che non possono essere risolte né in modo analitico e razionale né rifugiandosi nella sterminata e a volte inaffidabile aneddotica su un personaggio che sull’ambiguità e sulle contraddizioni fondò il proprio fascino: Pound ribelle, ma politicamente conservatore e più ancora reazionario; Pound modernista, ma amante antiquario del medioevo; Pound fascista, ma autore nel Mauberley dei versi più struggenti sulla I guerra mondiale; Pound poeta verboso e frammentario all’eccesso, ma predicatore della precisione… e via dicendo, senza fine.
Ebbene: Bacigalupo, qui come in altri suoi lavori seminali, riesce a “raccontare” Pound con dovizia di informazioni, dettagli e aneddoti, connettendolo con gli altri protagonisti del periodo e con lo sfondo storico-culturale, illuminando con coerenza la sua opera e soprattutto l’impatto che egli ebbe; un impatto che, più che critico in senso stretto (la sua saggistica è fatta di affondi e non possiede la corposa coerenza di un Eliot, per fare un nome) si potrebbe definire educativa e maieutica. Basti pensare ai Few Don’ts: poche indicazioni quasi banali, ma che devono essere una guida per chiunque voglia fare poesia con quella tecnica che è la vera “prova della sincerità di un artista”; o ai suoi “consigli di lettura”, spesso idiosincratici ma non di rado seminali; o ancora alla chirurgica benché spesso dogmatica precisione dei suoi editing (e qui l’esempio principe è fin troppo noto).
I Rapallo Years, centralissimi nella vita e nell’opera di Pound, di cui Massimo Bacigalupo è un testimone quasi diretto, sono anche gli anni in cui meglio si dispiegano le sue doti al cospetto di giganti come Eliot, Yeats e a una non piccola corte di adepti che seguivano le lezioni della sua “Ezuversity”, e sodali transatlantici che affollavano il lungomare di Rapallo e i sentieri che si snodano sulle colline, collaborando a giornali locali come Il Mare (impressionante il panel di collaboratori del Supplemento letterario 1932-1933, raccolto nel 1999 in un corposo volume a cura della Società letteraria Rapallo).
Furono anni di dibattiti, di riviste, di roventi polemiche letterarie e politiche, fra protagonisti tendenzialmente conservatori ma con ben diverse impostazioni: dal filofascista Pound, appunto, al cattolico conservatore Eliot, dal pagano e aristocratico Yeats all’anarchico sui generis Bunting ecc.; per non dimenticare Joyce (a cui Pound pensò di insegnare a costruirsi i mobili a Trieste…), Ford Madox Ford (alla cui figura umana e letteraria Bacigalupo dedica molte pagine illuminanti), e poi Rilke, Zukofsky e mille altri.
Sono anni in cui Pound prosegue nell’elaborazione dei Cantos e attende a tanti altri progetti, secondo un “metodo” magari fortemente dispersivo ma che segue la sua natura vulcanica (The Solitary Volcano è il titolo di un bel saggio di John Tytell).
Bacigalupo, con tanta dovizia di dottrina, non perde mai di vista un fatto essenziale: Pound si ritenne sempre un poeta, pensò e agì sempre da poeta, e come tale provò a inserire nei Cantos tutto il suo mondo,: un mondo letterario, umano (nel bene e nel male), politico, economico ecc. Un mondo di poesia, appunto, cercando “di scrivere paradiso”.
Ogni capitolo di Ezra Pound. Un mondo di poesia illumina una fase di questa impresa titanica, facendo anche la difficile tara fra gli alti ideali, le idiosincrasie e le fughe nell’idiozia politica – ma anche delineando, come filo un rosso che corra sottotraccia, la sua intransigente coerenza letteraria, umana e persino politica: «Se un uomo non è disponibile a correre qualche rischio per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla o è lui che non vale nulla».
Va sottolineato come i commenti a non pochi straordinari estratti dei Cantos, a opera di un tale profondo conoscitore del poeta, siano sempre illuminanti per quanto portano alla luce di riferimenti, rimandi interni e spunti per chi, “costruttore di poesia”, voglia cogliere almeno i lampi del genio poundiano. Ezra Pound. Un mondo di poesia è insomma un libro inevitabile non solo per i conoscitori di Pound, ma forse soprattutto per chi ne ha ancora una conoscenza superficiale – e, per questo, fuorviante.
Mauro Ferrari