Avere fiducia nei processi di integrazione
Chi avrebbe mai pensato, qualche anno fa, che intere produzioni sarebbero state svolte da stranieri, perfettamente integrati nelle nostre comunità? Anch’io da cattolico avrei avuto dei dubbi che sacerdoti neri sarebbero stati così importanti e amati in alcune nostre comunità locali. Con l’umanesimo italiano, la grande forza delle comunità, il privato sociale e la forza delle istituzioni, dobbiamo avere più fiducia nelle nostre capacità di integrazione.
È finita però l’illusione che il problema dell’immigrazione possa essere rimosso e forse anche l’illusione che possa essere uno strumento di propaganda e di contrapposizione politica. È assolutamente trasversale, non ci sono barriere che tengano. E non ci sono nemmeno scorciatoie.
Riannodiamo il nastro
Il cardinal Zuppi ha riportato alle parole di Papa Francesco, accogliere proteggere promuovere e integrare, l’incontro arricchisce, noi non siamo mai quelli che eravamo. Del resto, siamo tutti figli di immigrati. Metà della popolazione italiana nella seconda metà dell’Ottocento è andata via ed emigrava soprattutto dal Nord, perché il Nord era più povero del Sud. Tra questi anche i genitori di Francesco.
C’è la grande importanza dell’integrazione tramite lo Sport, che è stata richiamata con grande efficacia dal ministro Abodi perché tra l’altro l’integrazione e la coesione e la visibilità degli immigrati nello sport sono un motivo di orgoglio del Paese, ma perché questa visibilità non funziona in altre attività? Non c’è nelle istituzioni, non c’è nelle professioni. C’è una classe media immigrata che non ha alcuna visibilità, che muove l’economia, ma che non ha una sua rappresentazione. Non avendo questi rappresentanti è come se si creasse un altro Paese, pur essendo queste persone ormai integrate. Mi ha molto colpito il richiamo di Marta Cartabia sul fatto che non possiamo nemmeno pensare che l’inasprimento delle pene e il diritto penale possono essere degli strumenti sufficienti per gestire gli aspetti ineludibili che sono legati all’immigrazione, cioè il fatto che ci possa essere un elemento di criminalità da non sottovalutare. A un certo momento lo sguardo deve essere profondo e non si devono dimenticare queste persone.
Il giudizio sul nostro Paese
Noi poniamo una grande attenzione sull’elemento del disordine, di preoccupazione dell’immigrazione che arriva nelle nostre coste, ma poi ce li dimentichiamo. Anzi non vogliamo vederli, che è diverso.
Infine, vorrei richiamare l’attenzione su un altro aspetto, non meno interessante: ci dimentichiamo del fatto che accanto al giudizio sul nostro Paese che arriva dalle Agenzie di Rating, che ci preoccupa moltissimo, ovviamente, c’è anche il rating di questa povera gente che arriva sulle nostre coste e che nella maggior parte dei casi non vuole restare in Italia.
Ce lo siamo posti questo problema? Andrà in altri Paesi, avrà successo magari in altri paesi e avrà un giudizio su di noi di un certo tipo, e tutto questo nonostante gli sforzi.
Se non hanno fiducia nel nostro Paese, allora questo è un quesito che dobbiamo porci.