Il titolo rimanda subito al prezioso rapporto tra nonni e nipoti i cui benefici sono per entrambi, anche perché facilitati da un intorno familiare che ne incoraggia l’avvicinamento per diverse ragioni. Se ne arricchisce la quotidianità e si rafforza la coesione tra tre generazioni: nonni, figli e nipoti. Tale proficua interazione può essere assunta a modello anche per mettere in contatto anziani e bambini senza legami di parentela come si è fatto in un’esperienza pilota condotta in piena pandemia, quando la vicinanza in presenza era decisamente sconsigliata e persino vietata nei servizi sanitari e sociosanitari.
La legge delega 23 marzo 2023, n. 33 all’art. 2 comma 2 lettera C così statuisce:
promozione di ogni intervento idoneo a contrastare i fenomeni della solitudine sociale e della deprivazione relazionale delle persone anziane, indipendentemente dal luogo ove si trovino a vivere, mediante la previsione di apposite attività di ascolto e di supporto psicologico e alla socializzazione, anche con il coinvolgimento attivo delle formazioni sociali, del volontariato, del servizio civile universale e degli enti del Terzo settore.
Mi sembra che il legislatore abbia confuso il significato di deprivazione relazionale con quello di emarginazione o isolamento sociale. Ciò perché l’assenza di profondi rapporti familiari, nella costruzione durante l’infanzia e l’adolescenza della propria identità e della stabilità di carattere, induce una sindrome detta di “deprivazione relazionale o affettiva”, con sviluppi negativi sul piano emotivo, cognitivo e dei rapporti umani.
Proseguo prendendo in considerazione l’isolamento sociale più tipico degli anziani a favore dei quali è stata approvata la legge 33/23. Preciso che sussistono sia una correlazione sia una differenza tra solitudine e isolamento sociale.
La solitudine
La solitudine è una condizione soggettiva in cui una persona può anche trovarsi più o meno assiduamente in compagnia ma, ciononostante, si sente abbandonata o priva di legami significativi. Oppure può rappresentare la scelta di chi vuol proteggere la sua interiorità, evitando di essere oggetto dello sguardo e degli interrogativi altrui. Gli altri possono finanche essere visti come un inferno: ne è convinto Sartre nell’opera teatrale Huis clos in cui il personaggio Garcin fa la nota battuta «L’enfer, c’est les autres» («L’inferno sono gli altri»). O ancora la si sceglie per rimanere con sé stessi e così riflettere tranquillamente su vicende e circostanze della propria esistenza ottenendone un autoperfezionamento.
La solitudine, pertanto, può avere diversi motivi e manifestarsi in modi differenti: può essere temporanea o persistente, voluta o non voluta. A causa della sua inclinazione sedentaria e innaturale, essa può avere effetti negativi sia sulla salute mentale sia fisica.
L’isolamento sociale
L’isolamento sociale, invece, è una condizione oggettiva di emarginazione, per cui un individuo o un gruppo viene escluso o allontanato dalla partecipazione piena alla vita comunitaria, economica, politica e culturale. Le cause sono di discriminazione etnica o religiosa, povertà o scarsa scolarità, perdita di un preciso ruolo sociale per disoccupazione o pensionamento, disabilità, o altre forme di distanziamento sistematico per ragioni ideologiche o sanitarie. Non va però trascurato che la contrazione dei legami con gli altri e l’indebolimento dei doveri sociali che guidano l’interazione umana emergono pure quale effetto di una ritrosia di natura adattiva al decadimento fisico e ai suoi inconvenienti nello stare a lungo insieme ad amici e conoscenti1, quali per esempio problemi deambulatori o sensoriali o connessi a malattie croniche e agli effetti dei farmaci.
L’emarginazione sociale può portare a un senso di solitudine, ma non necessariamente, ed è caratterizzata principalmente dalla mancanza di accesso a risorse e opportunità o dal confinamento in casa per limitazioni psicofisiche alla partecipazione sociale.
In sintesi, mentre la solitudine è una percezione mentale di isolamento, l’emarginazione sociale è una condizione accertabile di esclusione. Entrambe possono influenzarsi reciprocamente, ma hanno radici e manifestazioni diverse.
Tra gli anziani in Italia l’emarginazione è un problema significativo. Secondo i dati della sorveglianza “Passi d’Argento” dell’Istituto Superiore di Sanità, circa il 15% degli over 65 vive in condizioni di isolamento, senza contatti regolari con altre persone2.
Esso può avere un impatto negativo sulla qualità della vita degli anziani, che si sentono come dei reduci dal passato, dopo aver varcato il punto a rischio di non ritorno delle compromesse facoltà fisiche o intellettive, così da inconsciamente intuire in proprio le parole di Ungaretti:
Di queste case / non è rimasto che qualche brandello di muro / Di tanti / che mi corrispondevano / non è rimasto neppure tanto / Ma nel mio cuore / nessuna croce manca / È il mio cuore / il paese più straziato3.
O invece si considerano tagliati fuori definitivamente dal corso della storia e avviati sulla via del tramonto, facendo eco nel loro animo a Quasimodo quando scrisse:
Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed è subito sera4.
La segregazione pandemica degli anziani nelle Rsa
La qualità nella long-term care (assistenza prolungata nel tempo) è fondamentalmente
la qualità della vita, che esprime il livello di soddisfazione con cui una persona accetta e gradisce il suo momento esistenziale e le circostanze attuali in cui vive, a prescindere dall’habitat e dai limiti di salute5.
Tale qualità è certamente frutto delle professionalità dell’organizzazione della presa in carico, ma l’aspetto cruciale per il benessere degli anziani residenti e per l’efficacia dei servizi offerti è costituito dalle interazioni umane tra residenti, operatori sanitari e familiari. Se queste sono mal condotte o vengono a mancare, l’anziano si deprime e perde finanche la voglia di continuare a vivere. Ne viene il seguente principio:
Nella Rsa – e in tutti i servizi di lungodegenza con attenzione globale alla persona non autosufficiente in via temporanea o persistente – le conoscenze e competenze relazionali non sono una parte tra le altre, ma permeano, avvolgono e danno senso a tutte le altre6.
La pandemia ha imposto l’attuazione di misure di prevenzione, tra cui il distanziamento fisico e le restrizioni ai contatti sociali. Ciò ha causato un impoverimento delle relazioni socioaffettive in particolare in una popolazione fragile e in larga misura cognitivamente instabile quale quella degli anziani ospiti delle Rsa. Inoltre, anche quando le Rsa sono state aperte con molte misure di cautela alle visite, è stato sconsigliato l’accesso ai minori di sei anni, per i quali non è possibile garantire il rispetto delle misure di prevenzione.
Al fine di contrastare l’isolamento e la solitudine degli anziani in Rsa con presumibile decadimento psico-emotivo, oltre che con il rischio di un peggioramento di patologie di tipo organico, ho promosso un’esperienza pilota con ricorso alla tecnologia della telepresenza e dai risultati verificabili, non solamente per attenuare la tristezza del distanziamento cautelativo, ma piuttosto al fine di creare una relazione significativa tra generazioni molto lontane tra loro. Concretamente sono state poste a contatto e a confronto le persone in fieri nelle diverse componenti dal corporeo allo spirituale – i bambini di nuova generazione di una scuola d’infanzia milanese – con persone definite e in parte destrutturate soprattutto sul piano corporeo. Le prime non hanno quasi passato e sono incollate al presente senza ancora proiezioni verso un lungo futuro e le seconde saldate al passato in un presente con scarso futuro.
Per queste ultime occorre rendere gradevole il presente, facendo sì che ci sia una speranza posta nella quotidianità. Possiamo definirla un’esperienza di composta felicità o almeno di auto-conservazione, scongiurando il pietrificarsi nella sofferenza vissuta e senza consentire all’immaginazione di attualizzare sull’oggi – reso ancor più drammatico dal rischio di un esiziale contagio – l’evoluzione presumibilmente negativa della propria condizione7.
Finalità del progetto pilota
Il Progetto ha avuto una pluralità di scopi:
- dare conforto agli anziani di una Rsa apportando gioia pur in condizioni inusuali;
- mettere in comunicazione il mondo dell’infanzia e quello della terza età, così distanti tra di loro ordinariamente e ancor più in periodo pandemico, confermando un atteggiamento mutuo che dovrebbe essere naturalmente solidale, soprattutto per gli anziani;
- agevolare i bambini nel prestare attenzione agli altri, quale via maestra della costruzione di un sé equilibrato;
- fare sinergia tra istituzioni importanti del territorio – un servizio residenziale per non autosufficienti e un servizio scolastico – pesantemente sottoposte all’impatto dei rischi di contagio infettivo.
Risultati conseguiti
Il dato di risultato riguardante gli anziani ha restituito le seguenti considerazioni:
- in ambito di ospiti Rsa senza difficoltà cognitive: il valore del dopo del tempo è cresciuto molto rispetto al prima, esplicitando un miglioramento dell’umore, dell’ottimismo verso il futuro e gli appuntamenti con i bambini sono stati apprezzati come un’occasione stimolante e ringiovanente;
- in ambito di ospiti con difficoltà cognitive lievi/moderate: il valore del prima/dopo è meno marcato, ma si evince ugualmente un beneficio sia sugli ambiti umorali che di predisposizione ad una maggior gioia di vivere.
Sono trasversali, ossia da tutti riconosciuti, gli aspetti dell’aver trovato, tramite quest’esperienza, sentimenti positivi pur nelle difficoltà, ed è cresciuta la stima per le nuove generazioni.
I bambini hanno vissuto l’esperienza con naturalezza e, in più momenti, con entusiasmo e speciale sensibilità.
Un bambino affiancato da un insegnante di sostegno ha vissuto il progetto con iniziale timidezza e un po’ di timore per la novità; una volta che ha compreso la modalità, le tempistiche e che è entrato in familiarità con la figura dell’educatrice della Rsa, ha iniziato a partecipare, a volersi esporre durante le occasioni live o nelle registrazioni video dell’intera classe e a realizzare con entusiasmo i biglietti di auguri per i compleanni. Quest’ultimo aspetto è di particolare rilievo a motivo di una leggera pigrizia del bambino dovuta a difficoltà di motricità fine e di impugnatura degli strumenti.
Negli anziani sin da subito, senza alcuna esitazione, è emersa la voglia di aprirsi a questa esperienza e la disponibilità a mantenere gli appuntamenti online. L’esperienza ad approcciarsi al tablet, già vissuta per il mantenimento dei contatti visivi con i propri cari, ha evidentemente sviluppato la capacità di restare attenti e concentrati sullo schermo e a interagire senza difficoltà con chi è collegato.
La facilitazione dell’operatrice dedicata è risultata comunque determinante ai fini del mantenimento di un clima partecipato e attivo, data la disomogeneità delle competenze cognitive degli ospiti coinvolti.
È andato pertanto a buon fine questo progetto, con cui si è voluto orientare il ragionamento verso una costruzione sociale al cui interno le persone non si allontanano e si sorvegliano per auto-preservarsi giacché homo homini virus, ma si sistemano in una nuova spazialità in remoto. Qui, nel rispetto del distanziamento fisico, richiesto dalle misure igienico-sanitarie contro la Covid-19, si sono concretizzate esperienze di prossimità virtuale collaborativa, non indugiante sulle vulnerabilità ma sulle risorse, spesso sconosciute, di resilienza.
Ovviamente l’esperienza, data la sua oggettiva riuscita, è stata pubblicata su un’importante rivista italiana ed è diventata un’iniziativa programmata regolarmente in diverse Rsa.
In questo modo si offre una nuova prospettiva sull’invecchiamento e si irrobustiscono i legami tra le generazioni, promuovendo la solidarietà tra i più vulnerabili della società o per inesperienza della vita o per inattività da vecchiaia.
1 Teoria del disimpegno (disengagement) nel processo di invecchiamento: E. Cumming- W. E. Henry, Growing old, the process of disengagement, Basic books ,1961.
2 La sorveglianza Passi d’Argento, 19 settembre 2024 – Isolamento e partecipazione sociale: i dati PdA 2022-2023, Istituto Superiore di Sanità.
3 G. Ungaretti: San Martino del Carso.
4 S. Quasimodo: Ed è subito sera.
5 A. Monteleone, Non autosufficienza e qualità della vita, Maggioli Editore, 2015.
6 A. Monteleone, a cura di, La qualità nelle RSA- Principi Fatti Emozioni, Maggioli Editore, 2016.
7 A. Monteleone, A. Ciavattini, E. Frigoli, P. Massimini, STRONGERTOGETHER. Un progetto pilota intergenerazionale in telepresenza, “Psicogeriatria”, n° 3, 2021.
Bibliografia
Baschiera, R. De Luigi, E. Luppi, Educazione intergenerazionale. Prospettive, progetti e metodologie didattico-formative per promuovere la solidarietà fra le generazioni, FrancoAngeli, Milano 2014.
Consiglio Europeo, Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione («ET 2020»), “Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea”, 2009; 4.
Corsi, S. Ulivieri, Progetto Generazioni. Bambini e Anziani: due stagioni della vita a confronto, Ets, Pisa 2012.