«Per 16 anni alle Nazioni Unite a New York come Osservatore permanente della Santa Sede [1986-2002], non ha risparmiato energie per testimoniare la sollecitudine del Papa per le sorti e per il bene dell’umanità. Notevole eco ebbero vari suoi interventi alle Assemblee dell’Onu trattando importanti argomenti, dal disarmo allo sviluppo, dalla povertà alla promozione dei diritti umani, dalla difesa della libertà religiosa al soccorso dei rifugiati, dalla pace ai valori umani»[1].

Queste alcune delle parole che il card. Giovanni Battista Re, Decano del Collegio Cardinalizio, Prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi e Presidente emerito della Pontificia Commissione per l’America Latina, ha pronunciato il 30 ottobre scorso nell’omelia per le esequie del cardinale protodiacono Renato Raffaele Martino (1932-2024), morto nella mattina del 28 nella sua abitazione romana.

La Messa all’Altare della Cattedra della basilica Vaticana, al termine della quale papa Francesco ha presieduto il rito dell’Ultima commendatio e della Valedictio (=Raccomandazione Commiato che vengono pronunciati alla fine di un funerale), è stata concelebrata da diversi porporati, tra i quali il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin ed i cardinali Francis Arinze e Robert Sarah, questi ultimi due saliti sull’altare al momento della consacrazione.

uomo vestito di bianco su sedia impartisce una benedizione.

Papa Francesco alla fine delle esequie del card. Renato Raffaele Martino, 30 ottobre 2024

Cardinali e successori

Tra i presuli concelebranti significativa la presenza dell’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia, attuale Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, l’incarico, come detto, ricoperto per molti anni dal card. Martino. Successivamente, nell’ottobre del 2002, il porporato campano fu chiamato da papa Giovanni Paolo II a guidare il Pontificio Consiglio «Justitia et pax», preoccupandosi come prima cosa di portare a termine e poi pubblicare il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, iniziato dal suo predecessore, il venerabile card. François Xavier Nguyên Van Thuân (1928-2002). In quegli anni diede prova di grande sensibilità per i problemi sociali e la difesa dei diritti umani, ed effettuò molti viaggi per dare il suo apporto in vari incontri internazionali, spendendosi soprattutto a difesa dell’integrità della famiglia e della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale.Lo

Fu lo stesso papa Wojtyla a creare Martino cardinale nel Concistoro del 2003. Mentre dal 2014 è divenuto protodiacono, ovvero primo cardinale nell’ordine diaconale in quanto nominato da più tempo rispetto a tutti gli altri.

Il card. Martino è deceduto quindi all’età di novantadue anni, dopo un lungo periodo di malanni che gli aveva impedito ormai la possibilità di uscire di casa.

«Fino a poco tempo fa però – ha ricordato il card. Re nell’omelia – ha celebrato la Messa ogni mattina, concelebrando con un sacerdote amico che andava da lui. Una decina di giorni fa, chiese di ricevere il Sacramento dell’Unzione degli Infermi. Mentre le sue energie andavano di minuendo, il card. Martino ha accolto il suo tramonto con la serenità di chi sa che morire significa entrare nell’eterna felicità».

La vocazione e i primi anni

Nato a Salerno nel 1932, fu ordinato sacerdote a venticinque anni nel 1957, conseguendo una laurea in Diritto canonico che l’ha reso in grado, a mio avviso, di difendere con più efficacia, soprattutto nei consessi internazionali, la verità naturale sulla dignità della persona, sui diritti/doveri della famiglia e sull’intangibilità della vita umana innocente. Si tratta di un servizio alla Chiesa e al Bene comune che anche papa Francesco ha voluto riconoscere nel telegramma di cordoglio fatto pervenire al fratello del porporato all’indomani della sua morte.

Il Pontefice, infatti, ha sottolineato come il card. Martino, specialmente come rappresentante della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, «non ha risparmiato energie per testimoniare la paterna sollecitudine del Papa per le sorti dell’umanità [operando] con grande dinamismo in favore del bene delle popolazioni, promuovendo costantemente il dialogo e la concordia»[2]. Un impegno che ne ha contraddistinto l’operato fino agli ultimi anni della sua vita, fino a quando almeno è stato in grado di partecipare a iniziative e incontri diretti a stimolare soprattutto il laicato a combattere quella che Benedetto XVI ha definito la dittatura del relativismo.

uomo vestito di bianco stringe la mani a un uomo con mantella e papalina rossa. Sullo sfondo una fila di uomini con mantella e papalina rossa

Il card. Renato Raffaele Martino (1932-2024) nominato nel 2014 Protodiacono da papa Francesco

Impegno sociale e culturale dell’uomo

Solo per fare un esempio, meriterebbe ricordare l’intervento che, il 19 ottobre 2007, pronunciò a Pisa alla 45° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani. Prendendo spunto dal noto Trattato di Economia sociale scritto dal prof. Giuseppe Toniolo, fondatore delle Settimane Sociali, il card. Martino ribadì con l’energia che l’ha sempre contraddistinto che «recuperare la piena verità sull’uomo, sul suo posto nel cosmo e nella storia, sulla sua natura metafisica e la sua stessa identità antropologica, è ormai via necessaria per impostare adeguatamente l’intera questione sociale e richiede un impegno culturale ampio».

«Al bene comune collocato dentro all’intreccio tra questione sociale e questione antropologica – aggiunse il porporato – mi pare sempre più evidente che i temi della vita e della bioetica non sono temi di settore ma a fondamentale valenza sociale».

Per questo motivo, concluse con un insegnamento che dovremmo ancora e forse per decenni avere ben presente, «non si riuscirà a dare un valido contributo al bene comune se non dilatando la cultura della vita», in quanto «l’accoglienza della vita ci apre ad accogliere l’indisponibile e quindi fonda una cultura della vocazione piuttosto che una cultura del potere»[3].

Per l’allora Presidente del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace, in definitiva, «se i conti non tornano sul tema della vita non possono tornare da nessun’altra parte e in nessun altro aspetto del bene comune».

L’Onu

Nei sedici anni trascorsi al Palazzo di Vetro come rappresentante della Santa Sede, questa è stata la “missione impossibile” del card. Martino. Una missione contrastata in molti modi dal laicismo dominante nelle classi dirigenti delle Organizzazioni internazionali e degli Stati, ma alla quale lui è rimasto sempre fedele grazie alla sua obbedienza al Papa e alla Chiesa, possibili in certi frangenti solo mantenendo l’Eucaristia al centro e all’essenza della propria vocazione e del proprio sacerdozio.

Partecipando attivamente alle maggiori Conferenze internazionali promosse dall’Onu, in particolare a New York nel 1990 al Summit mondiale sull’infanzia, a Rio de Janeiro nel 1992 al Vertice su ambiente e sviluppo, nel 1994 al Cairo alla Conferenza su Popolazione e Sviluppo e, infine, a Pechino nel 1995 per la Conferenza sulle donne, vide fin dall’origine e contestò fin dall’inizio tutte le false formulazioni sulla salute riproduttiva e sulla decostruzione della famiglia che, solo anni dopo, molti compresero essere il volano dell’ideologia anti-vita e gender che ha fatto segnare, soprattutto in Occidente, i passi indietro nel campo della difesa dei diritti dei bambini e della dignità in generale della famiglia e della vita che papa Francesco, da ultimo, non cessa come sappiamo di denunciare[4].

Note

[1] Card. Giovanni Battista Re, Fra’ Cristoforo sempre dalla parte di oppressi e deboli, “L’Osservatore Romano”, 31 ottobre 2024, p. 8.

[2] Cit. in Il cordoglio del Pontefice, “L’Osservatore Romano”, 29 ottobre 2024, p. 7.

[3] Cit. in Cardinal Martino: il bene comune deriva dalla piena verità sull’uomo, “Zenit.org”, 19 ottobre 2007.

[4] Cfr. Giuseppe Brienza, La missione della Santa Sede alle Conferenze Onu del Cairo (1994) e di Pechino (1995), Bollettino di Dottrina Sociale della Chiesa dell’Osservatorio Internazionale “Card. Van Thuân”, anno X, Verona luglio-settembre 2014, n. 3, pp. 65-67.