Gli anni Sessanta del Novecento sono stati gli anni d’oro del cosiddetto boom economico, la lunga stagione che ha trainato l’Italia fuori dal pantano della Seconda guerra mondiale. Fu un fenomeno dai molteplici aspetti tra i quali le fortissime ondate migratorie soprattutto dal Sud verso il Nord Italia, in quel momento motrice della ripresa economica e territorio pieno di opportunità lavorative e di riscatto, ma non solo: densi furono anche i semplici movimenti di persone dai piccoli centri urbani verso le grandi città, fenomeno che affonda le sue radici ancora più lontano, nella cosiddetta Rivoluzione industriale.
In un contesto storico e sociale del genere, la decisione della famiglia di Marco Primavera, sei anni, di trasferirsi da una città enorme e caotica come Roma a Monteacuto, un paesino di cinquencento persone nel mezzo dell’Umbria, suona quantomeno bizzarra e di fatti il primo impatto lo è: «Se ci penso adesso, ai monteacutani la nostra famigliola spuntata all’improvviso da un altro pianeta di pianura doveva essere sembrata parecchio strana. Tre ragazzetti magri e ben pettinati anche se tutti coi capelli ricci, un neonato o poco più, anch’egli riccio dentro una carrozzina inglese blu ragalata da una vecchia zia ricca, una coppia di genitori ricchi che se la cavavano coi congiuntivi e tendevano a lucidarsi le scarpe quando uscivano di casa» (p.15).
Per Marco e i suoi fratelli maggiori l’impatto con i luoghi, i tempi e la mentalità dei pochi abitanti del borgo e la prepotenza della natura – «D’inverno Monteacuto era più vuota che mai: nevicava fortissimo, il vento si infilava fischiando tra i vicoli, la gente se ne stava davanti al fuoco nelle case» (p. 17) – è da principio traumatica, se a tutto ciò si aggiungono difficoltà familiari ed economiche, il romanzo di Sandro Baldoni assume chiaramente tutte le caratteristiche del classico romanzo di formazione, dove il protagonista, Marco, da bambino diventa uomo scontrandosi con le asperità della vita, le prove personali e combattendo contro i propri e altrui pregiudizi. Il lettore ne segue l’evoluzione anche nella sua grande passione per il calcio, dal Milan di Rivera alla Juventus di Sivori, ma soprattutto dell’incontro con una comunità dagli usi antichi, semplici e sinceri, una cultura che sotto il peso della modernità sta cominciando a sgretolarsi, e di cui dopo il terremoto di Amatrice resteranno solo le macerie. L’autore Sandro Baldoni, fieramente umbro, è regista e sceneggiatore, ha vinto il Nastro d’argento per il Cinema del Reale con il documentario sul terremoto La botta grossa (2017) e una nomination ai David di Donatello con Strane Storie (1994). Occhi Selvaggi è il suo primo romanzo