Il cristianesimo vive anche in Italia una crisi singolare che ha, in realtà, radici molto antiche e che lentamente, e inesorabilmente, si aggrava.
Si ha l’impressione che il vortice divenga sempre più veloce e addirittura violento. È necessario prendere coscienza di questa situazione, e iniziare a comprenderla, per non rischiare di avventurarsi in considerazioni estremamente generiche e in proposte di rilancio del tutto inefficaci.
L’analisi di Ratzinger: un cristianesimo senza alternativa
Nel 2000 Joseph Ratzinger (il futuro papa Benedetto XVI), scrivendo la premessa della nuova edizione del suo libro Introduzione al cristianesimo, pubblicato per la prima volta nel 1968, constatava che, nonostante il persistere di un notevole numero di credenti «in questo momento storico il cristianesimo non è riuscito a porsi distintamente come un’alternativa epocale».
Alcuni successi di superficie non devono ingannare: il cristianesimo sembra sempre più appannato in quanto viene perennemente diluito negli ambigui convincimenti delle società secolarizzate; sembra a volte soltanto una leggerissima e quasi evanescente verniciatura di moralità altruistica sulla corazza d’acciaio del mondo tecno-mercantile globalizzato.
La radice di questo fenomeno è antica e profonda. Trova alimento nella sostanziale e arcaica superficialità di un cristianesimo di massa, ridotto per secoli a consuetudine antropologico-culturale, a ritualità e a devozione.
Ratzinger si chiedeva nel famoso saggio del 1968:
Chi è capace di dire a uno che lo chiede, in modo comprensibile ma conciso, che cosa propriamente significhi “essere cristiani”? Chi sa spiegare a un altro, in maniera comprensibile, perché egli crede, indicando quale sia la direzione chiara, il centro della decisione della fede?
Purtroppo pochissimi!
L’analfabetismo religioso: un fenomeno allarmante
Il Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia del 2014 ci informava che il 79,1% degli italiani si dichiarava cattolico, il 47% di loro riteneva che a scrivere la Bibbia fosse stato Mosè o addirittura Gesù, mentre più del 70% non era in grado di nominare gli autori dei Vangeli. Solo un incredibile 1,6% sapeva citare correttamente i dieci Comandamenti.
A distanza di dieci anni le cose saranno certamente peggiorate. È evidente che non si tratta di una congiuntura critica tra le altre, perché ci troviamo di fronte a un fenomeno che mette in discussione un mondo intero, siamo cioè nel vortice della fine di un’epoca millenaria della storia del cristianesimo.
E infatti papa Francesco scriveva nel 2013 al numero 70 dell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium:
Nemmeno possiamo ignorare che, negli ultimi decenni, si è prodotta una rottura nella trasmissione generazionale della fede cristiana nel popolo cattolico.
Da dove comincia lo smarrimento di Cristo?
Praticamente si è spezzata la Tradizione. La domanda che tutte le componenti della comunità ecclesiale debbono porsi riguarda le motivazioni profonde di una rottura di tali proporzioni: che cosa sta succedendo nel mondo che rende così difficile per un italiano aderire alla fede dei propri avi, e tradurla in parole e opere di nuovo splendide e convincenti?
La risposta a questa domanda cruciale non può limitarsi a individuare una serie di cause, quali la crisi della famiglia o il solito secolarismo o il crescente individualismo tardo-moderno, che a loro volta sono soltanto effetti di processi ben più radicali, e appunto di portata antropologico-culturale, tutti da investigare con maggiore acutezza e onestà intellettuali.
In realtà, si sta disfacendo un intero sistema religioso in cui i misteri della fede erano molto rappresentati, ma poco realizzati. Ci si illudeva, certamente in buona fede, che bastasse la rappresentazione quasi teatrale della vita sacramentale e che essa potesse assicurare la maturazione della fede personale.
A questa situazione drammatica si aggiunge anche l’ignoranza delle Scritture e dei Vangeli e non solo delle parole scritte dagli autori del Nuovo Testamento, ma anche delle vicende storiche che hanno portato all’elaborazione di quei testi e alla formazione del canone biblico.
Verso una riscoperta di Cristo
Il libro di Marco Fasol, Gesù di Nazaret: una storia vera? (Ares 2023, pp. 216, € 16,80) è un valido strumento che può aiutare i lettori a capire meglio certe cose e a orientarsi nel mondo affascinante della ricerca biblica. L’intento divulgativo si unisce all’esperienza professionale e alla significativa conoscenza della materia trattata. Inoltre, c’è la più volte sottolineata finalità laica, che permette all’autore di farci comprendere quali siano i criteri metodologici che guidano le Chiese cristiane (non solo quella cattolica) nel loro approccio ai testi sacri.
Al termine della lettura di questo testo, che è un po’ un manuale, viene il desiderio di approfondire la conoscenza di Gesù. La ricerca sul Cristo è inesauribile. Ed Egli, suo malgrado, è diventato uno sconosciuto. La figura centrale della storia dell’umanità, quella da cui dipende il conto degli anni che passano, è considerata da molti un personaggio mitologico, inventato. E come spesso accade, le idee più diffuse non sono anche le più accurate.
L’importante è non arrendersi
Tutto quello che può contribuire a far conoscere un po’ di più il Cristo non può che essere accolto con piacere. Ma è chiaro che ci sarà sempre qualcuno che, nonostante tutto, continuerà a mettere in discussione la sua stessa esistenza storica accusando la comunità cristiana delle origini e la Chiesa di manipolazioni, interpolazioni, nascondimenti. La parola “mistero” usata e consumata è, da sempre, garanzia di interesse e di ascolto. Di fronte a posizioni e ad affermazioni così puerili bisognerà sorridere, attrezzarsi di santa pazienza e rendere ragione della verità. Ma per fare questo è necessario studiare, informarsi, approfondire.
In una società superficiale come la nostra, culturalmente povera, nonostante le enormi possibilità di accesso alle conoscenze, è dato molto spazio al sentito dire. Alcuni protagonisti della divulgazione di massa emettono lapidarie sentenze e spessissimo cadono in grossolani errori: non è la fama o la simpatia di questi intrattenitori a garantire la solidità delle loro affermazioni.
La necessità di studiare e informarsi
Conoscere Cristo e tutto ciò che lo riguarda è un dovere storico, culturale e spirituale. Anche perché la sua “pretesa” messianica interpella ogni uomo e ogni donna di buona volontà.
Si tratta di accogliere tutto con parecchia umiltà (virtù che scarseggia in certi ambienti culturali) nella consapevolezza che non è possibile possedere una materia così vasta e che, soprattutto, non possiamo possedere il Cristo. La conoscenza di Lui non è mai acquisizione definitiva, possesso, oggetto di consumo. Cristo è il Vivente, il Veniente, il Nascente. Non può nemmeno essere ridotto a un oggetto di indagine, pur essenziale. La ragione dell’uomo chiede, interroga, ricerca.
E nella scelta libera di fede che ciascuno può compiere, siamo chiamati a renderci conto che siamo già risorti con Lui a vita nuova. La fede prima ancora di essere una conoscenza è una scelta, una sequela. È la risposta all’invito di diventare discepoli del Signore, del Maestro. Di metterci alla sua scuola, di seguire la disciplina del Vangelo, che, prima ancora di un libro, è il Signore stesso, il quale ci invita a conformare la nostra vita alla sua.
L’importanza di trasmettere la fede
Ma, al di là della scelta della fede, non si può far finta che non sia esistito e non studiare ciò che ha detto e fatto, e che la comunità dei primi discepoli ci ha trasmesso, a causa di un’esperienza visiva, tattile, profondamente materiale. Non è possibile nemmeno non fare i conti con la portata straordinaria della sua “rivoluzione”. Insegniamo a ricercare.
Uno dei meriti di questo testo è quello di invogliare il lettore ad approfondire la conoscenza, ad andare sempre più a fondo. Bisogna aprire le porte, stimolare la riflessione, condurre per mano: e il libro di Fasol ci riesce e provoca il desiderio di un approfondimento.
Penso che un lavoro semplice, ma essenziale come questo possa essere utile a tutti. Assistiamo, un po’ passivamente, a una dilagante ignoranza, a un’eccessiva ideologizzazione, a un crescente disinteresse e a un’allarmante superficialità, anche all’interno della Chiesa. E tutto ciò non può portare nulla di positivo.
Ma grazie a Dio, il Signore ha vinto il mondo e le sue logiche effimere e belliche. E questo ci dà tanta speranza. Per camminare con fiducia, alla ricerca di Cristo e del suo Volto che, con molta probabilità, è quello che è rimasto misteriosamente impresso sul Telo sindonico e che le icone più antiche ci hanno trasmesso, assieme alla fede, alla speranza e alla carità vissute e testimoniate dalle generazioni che ci hanno preceduto e che ci hanno lasciato il compito, come in una staffetta, di consegnare il testimone a coloro che verranno dopo di noi.