Sabato l’ultimo viaggio al di qua dalla porta del Perugino dopo più di 40 anni in Vaticano, poi la salma del cardinale Josef Paul Cordes è stata esposta fino ad oggi nella chiesa di Santo Stefano degli abissini prima della Messa esequiale all’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro. Negli ultimi anni aveva “sconfinato” pochissime volte e quasi sempre per eventi non piacevoli come esami o ricoveri in ospedale, ma il cardinal Cordes ha continuato a osservare e commentare con mente lucida e sguardo di fede tutto ciò che avveniva nella Chiesa fino all’ultimo. La malattia lo aveva costretto al riposo fisico dopo decenni e decenni di incontri con gruppi e spesso folle dei movimenti spirituali di cui era stato il grande sostenitore in Curia sin da quando, nel 1980, Giovanni Paolo II lo chiamò al Pontificio consiglio per i laici. Una difesa non per partito preso, ma per convinzione e legata a quella lotta contro la dimenticanza di Dio nella società contemporanea che sentiva indispensabile più di ogni altra cosa.
Il porporato intuì prima degli altri che le donne e gli uomini protagonisti della stagione dei movimenti rappresentavano quei cristiani per i quali «il vento della secolarizzazione diviene un’opportunità di incontrare nuovamente e con il cuore in ascolto la parola di Dio» (p. 222). Lo spiegava in un capitolo del suo libro Il tuo volto, Dio, io cerco pubblicato nel 2018 da Ares, sostenendo che «le nuove iniziative della Chiesa si rivolgono a un desiderio degli uomini di oggi che spesso, nella comune pastorale quotidiana, viene probabilmente lasciato in secondo piano: la fame di Dio. Il loro impegno la fa propria» (p. 230).
La missione di una vita
Merita di essere raccontata la storia di come questo teologo tedesco entrato in seminario prima del Concilio Vaticano II sia divenuto il più grande sostenitore del nuovo impulso apostolico dei movimenti ecclesiali. Da vescovo, durante un viaggio in treno verso Roma, condivise lo scompartimento con un giovane punk che indossava un crocifisso. Arrivati a destinazione, il ragazzo lo salutò e in quel frangente Cordes si domandò se fosse capace o meno di parlare di Dio anche con chi era apparentemente molto diverso da lui.
La nuova evangelizzazione inaugurata nel pontificato di Giovanni Paolo II divenne la sua missione da portare avanti grazie alla spinta di quei movimenti che, nella loro molteplicità, presentavano una caratteristica comune: «non sono intellettualistici» e «trasmettono un messaggio di fede aderente alla vita e alla realtà» (p. 227). Non è una contraddizione scoprire come proprio quest’aspetto attraeva fortemente una figura come la sua che pure – così come quella del suo amico e maestro Joseph Ratzinger – merita di essere annoverata nell’elenco dei grandi intellettuali cattolici tedeschi a noi contemporanei. Basta leggere un suo articolo o, meglio ancora, un suo libro per rendersi conto di quanto il cardinale non lasciasse alcunché al caso, ricorrendo con naturalezza a riferimenti biblici e dotte citazioni tratte dai testi dei Padri della Chiesa o di pensatori di qualsiasi secolo.
Per Cordes il mondo è in emergenza perché tende sempre più a dimenticarsi di Dio e questo «non danneggia solo i cristiani, fa male anche alla convivenza umana» (p.30).
Le ultime parole
Nonostante l’età e la salute traballante, il cardinale ha continuato fino alla fine a tenere alta l’attenzione su questo tema ritenuto centrale per il futuro della Chiesa (e non solo). Lo dimostra l’ultimo libro-intervista scritto con don Andrzej Kucinski sul Coraggio di essere cristiani uscito negli scorsi mesi in Germania (a breve lo sarà anche in Italia, ndr). Kucinski, testimone diretto di questo impegno apostolico, lo ricorda come «un uomo di una fede che non si ferma davanti alle difficoltà, anzi diventa più forte quando viene contrastata, un prete che ama la Chiesa e il sacerdozio, un vescovo che riconosce il suo incarico come servizio di evangelizzazione, un cardinale che ha il coraggio di annunciare il Vangelo in tutto il mondo ed un cristiano che mette sempre al centro la questione di Dio».
Questa settimana la salma di Cordes tornerà in Germania e verrà tumulata nel paese d’origine, Kirchhundem dopo una Messa funebre celebrata nella cattedrale di Paderborn dall’arcivescovo, monsignor Udo Bentz. Il cardinale conclude la sua vita terrena nel bel mezzo del cammino verso la Pasqua. Negli ultimi tempi, il Dio-centrismo scelto da sempre come bussola esistenziale aveva guidato anche il suo modo di affrontare la malattia: si sentiva chiamato a portare la stessa croce di Cristo e sereno perché convinto che proprio quella Passione fosse sorgente della nostra salvezza. Che il Signore lo accolga nel gaudio eterno.