Un’annata «un po’ così» il 2021, rincorrendo le cosiddette normalità e cercando affannosamente il meno peggio. Al pragmatico governo di emergenza corrisponde una maggioranza parlamentare simile a una coperta che perde calore a giorni alterni. Del resto, senatori e deputati sono già in fila per incassare la pensione a settembre 2022.
Mario Draghi, autorevole e astuto, assicura di «non seguire il calendario elettorale». Nemmeno il toto-Quirinale? Intanto circolano fantasie intorno al gollismo tricolore. Strappi e ricuciture lampo, girandole referendarie, urne semivuote; pessime drammaturgie vax, no vax, eccetera; disordine pubblico, squadrismo nero e maleodorante, cliché antifascisti. Amletici «essere o malessere». Lav-Oro, lav-Oro… In sicurezza. I cerottini non curano nevrosi e pandemie, né le movide cancellano il declino sociale. Tra allerta scuola, tasse, viaggi è spuntato perfino un digital philosopher con «fragilità esistenziali irrisolte».
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Sguazzi assortiti in mezzo al guado. Giorgia Meloni, presidente Fdi: «La destra italiana i suoi esami li ha già fatti, da molto tempo». Rammentare Eduardo De Filippo e gli esami che non finiscono mai.
Mara Carfagna, ministra per il Sud: «In genere la linea di lotta e di governo non paga mai». Nemmeno un caffè.
Aldo Cazzullo, editorialista del Corriere: «Il declino dei 5 Stelle è ormai evidente (…) quando una forza antisistema diventa sistema, inevitabilmente perde consenso». E prim’ancora, senso.
Virginia Raggi, alla vigilia della sconfitta: «Chiedo ai romani di darmi la possibilità di completare il lavoro iniziato». Forse parecchi elettori hanno temuto altre buche, altra monnezza.
Chiara Appendino, autocritica: «La nostra fase espansiva è finita (…) ora se ne deve aprire una nuova». Aprire? Ci risiamo con la scatoletta di tonno?
Mauro Magatti, docente di sociologia: «Tutti hanno capito che occorre fare qualcosa per contrastare i cambiamenti climatici e proteggere le biosfere. Il problema è che siamo molto, molto, molto lontani dal riuscire a tradurre in pratica tale consapevolezza». Superflua l’aggiunta di un quarto molto.
Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica: «Insegnare le scienze ai bambini già alle elementari. Solo così, da grandi, sapranno progettare il proprio futuro e non subirlo». Fare un pensierino pure all’asilo.
Alessandro Haber, attore: «I cinesi? La loro è un’invasione lenta, meditata, stanno facendo tabula rasa di tutto e vogliono assumere il potere mondiale». Haberrante.
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Il bianco? Esprime «la fede serena alle idee che fanno divina l’anima nella costanza dei savi». Anche Giosuè Carducci cercò di dare contenuti rappresentativi ai colori della bandiera italiana, in un intricato panegirico di fine ’800.
Il verde? «La perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de’ poeti».
Il rosso? «La passione e il sangue dei martiri e degli eroi». Avvolgersi con l’amato vessillo è lecito, circostanze a parte. Con rispetto; senza rotolarsi per terra, com’è avvenuto alle Olimpiadi di Tokyo.
Purtroppo nella banda candida, in certe manifestazioni, sono stati scarabocchiati slogan divisivi (per non dire peggio). Nell’assalto dei delinquenti di Forza Nuova alla sede della Cgil il tricolore è stato arrotolato e l’asta usata come randello. Vergogna.
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Gli aforismi cadono nei taccuini come le foglie d’autunno; eccone alcuni. «Chi rompe gl’indugi non indugi sulle rotture». «Quattro minorenti non valgono un maggiorente». «Il silenzio-assenzio è tossico». «I cafoni restano tali anche quando sono afoni». «Lo spirito di convergenza spesso sostituisce onorevolmente irraggiungibili intese». «Quando la riflessione stenta soffre pure la flessibilità». «L’ombra di Banco è senza rotelle». «La fiducia è quotata nei mercatini rionali e nelle borse della spesa».
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Romanzi sugli scudi; i recensori, però, tengano gli entusiasmi sotto controllo. Fresca sbandata: «Ogni libro di XYZ vale per due». Ne compreranno mezzo? Magari con lo sconto. Particolarmente intenso il tam tam sulle autobiografie politiche. Un classico? «È il racconto di una vita (…) si legge in un fiato». Attenti al fiatone.
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Lezione. Cupezza e inquietudini al rientro dalle vacanze richiamano Seneca. Al discepolo Lucilio il filosofo raccomandava: «Cambia d’animo, non di cielo».