Il successo della prima edizione di questo volume, Nuova luce sulla Sindone (Ares 2024, pp. 336, euro 20) e i risultati di nuove ricerche hanno indotto l’editore a pubblicare questa seconda edizione, ampliata e aggiornata, che risponde alla continua richiesta di notizie sul misterioso Lino conservato a Torino.
È un fascino antico, quello della Sindone. Da secoli attira milioni di persone quando viene esposta. Ma cosa sappiamo di questo prezioso lenzuolo, tanto venerato da chi lo ritiene autentico e tanto denigrato da chi lo ritiene falso? Il mistero che circonda la Sindone ha suscitato, negli ultimi anni, nuove indagini approfondite, da cui sono scaturite interessanti scoperte, presentate per la prima volta in questo volume.
Le prima tracce documentali
Per conoscere questa singolare reliquia è necessario percorrere innanzitutto un doppio itinerario, storico e scientifico, che è ampiamente sviluppato in questo testo.
La Sindone (dal greco sindon, lenzuolo) è un lungo telo di lino (442 cm x 113 cm) che ha certamente avvolto il cadavere di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi e trapassato da una lancia al costato. Su di essa è visibile l’impronta in negativo del corpo che vi fu avvolto, oltre alle macchie del suo sangue, decalcatosi dalle ferite del cadavere in un tempo valutato attorno alle 36-40 ore. Un’antica tradizione la ritiene il lenzuolo funebre di Gesù Cristo. È stata in possesso dei Savoia dal 1453 fino al 1983, quando Umberto II la donò al Papa. Dal 1578 è conservata a Torino.
Le prime notizie storiche certe dell’esistenza di questa reliquia risalgono a metà del XIV secolo, quando Geoffroy de Charny, un cavaliere crociato, consegnò la Sindone ai canonici di Lirey, presso Troyes, in Francia.
Giuda Taddeo e il panno di Edessa
La storia antica della Sindone è uno dei misteri più affascinanti di questo prezioso lino. Una tradizione attendibile attribuisce a san Giuda Taddeo Apostolo il trasporto da Gerusalemme a Edessa (oggi Urfa, nel sud-est della Turchia) della miracolosa sembianza di Cristo, che guarisce il re della città, Abgar, dalle sue infermità. È proprio da questi momenti iniziali dell’esistenza della reliquia che prende le mosse la prima indagine storica e iconografica contenuta nel volume: una ricerca che dimostra come il rapporto fra le numerose testimonianze letterarie e la figura di Giuda Taddeo sia possibile. Anche l’analisi pittorica di un’antica icona, conservata nel monastero di Santa Caterina al Monte Sinai, tende a giustificare questa ipotesi.
L’esistenza a Edessa di un panno con impresse le sembianze di Gesù è riportata in numerose fonti, fra le quali rivestono particolare interesse quelle arabe, sia cristiane sia musulmane, oggetto del secondo saggio presente nel volume. In questi testi si parla sempre di un Mandīl, un fazzoletto di ridotte dimensioni, sul quale è visibile il solo volto di Cristo; ma ciò non è un ostacolo all’identificazione di questo tessuto con la Sindone, in quanto altre fonti, oggetto del terzo contributo, riferiscono che il telo, chiamato dai bizantini Mandylion, era tetradiplon (piegato quattro volte).
Le corrispondenze con il Lino di Torino
È lecito dunque ritenere che questa misteriosa stoffa fosse la Sindone, ripiegata in modo da mostrare solo il volto. Sul lino conservato a Torino sono state anche identificate tracce di antiche pieghe che rendono plausibile questa identificazione. Il Mandylion che giunse a Costantinopoli il 16 agosto del 944 proveniente da Edessa potrebbe dunque verosimilmente essere la Sindone. Ciò è confermato dall’indagine iconografica: le copie del Mandylion, e in generale tutte le raffigurazioni di Cristo dal IV secolo in poi, sono ispirate dalla venerata reliquia.
Il cofanetto che conteneva il Mandylion potrebbe essere stato aperto durante la lunga permanenza a Costantinopoli dal 944 al 1204. In questo modo era possibile vedere non solo il volto di Gesù, ma tutto il suo corpo con i segni della passione. Ciò potrebbe giustificare l’apparizione, avvenuta nel corso del XII secolo, di un nuovo tipo iconografico, denominato in Occidente Imago pietatis.
Questa nuova tipologia raffigura il Cristo morto in posizione eretta. In Oriente questo tipo iconografico è conosciuto con le denominazioni di Akrà tapinosis (la Grande Umiliazione) e di Eapocathelosis (la Deposizione). Un’altra novità iconografica di questo periodo è la rappresentazione del Crocifisso morto con il capo reclinato. Inoltre compare la raffigurazione del Cristo deposto dalla Croce, sdraiato sul lenzuolo funebre, detta Epitaphios, soprattutto ricamata su veli liturgici. Nello stesso tempo appaiono nelle chiese bizantine molti affreschi raffiguranti il Cristo giacente su un lenzuolo, con le braccia incrociate, nella scena della deposizione. La particolarità di queste raffigurazioni rende plausibile l’ipotesi di un progressivo scoprimento del Mandylion.
E con i momenti liturgici
Il quarto saggio analizza le interpretazioni che correlano i lini liturgici della celebrazione ai lini della sepoltura di Cristo, attraverso l’analisi, nei commentari liturgici, dei tre termini che li descrivono, secondo il lessico trasmesso dalla Vulgata di Girolamo: sindon, linteamina, sudarium. Il termine sindon mostra il mutamento più interessante a partire dalla fine dell’XI secolo per giungere alle allegorie definite e incisive del XIII secolo. La lettura allegorica della liturgia, infatti, riscopre e potenzia in modo esplicito il legame fra i lini utilizzati per la celebrazione del sacrificio eucaristico e i lini sepolcrali che avvolsero il corpo di Cristo.
Questi primi quattro capitoli accendono dunque preziose luci che rischiarano il buio dei primi secoli, quando la Sindone era nascosta e venerata in maniere diverse. I successivi tre saggi, invece, sviluppano soprattutto l’aspetto delle ricerche scientifiche condotte sulla Sindone.
Il quinto contributo elenca i motivi di conferma dell’autenticità della reliquia: la preziosità e la rarità del tessuto; la grande abbondanza di pollini di provenienza mediorientale e di aloe e mirra; la presenza di aragonite simile a quella trovata nelle grotte di Gerusalemme; una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del primo secolo; cospicue tracce di DNA mediorientale e indiano, a conferma della possibile origine del lenzuolo; le tracce di sangue decalcate da un corpo che ha subito proprio i tormenti descritti dai Vangeli; la breve permanenza del cadavere nel lenzuolo; la misteriosa immagine, dovuta a disidratazione eossidazione delle fibrille superficiali del lino, che appare proiettata da un effetto fotoradiante, indizio di un fenomeno inspiegabile verosimilmente connesso alla risurrezione. Inoltre due datazioni chimiche, basate sulla spettroscopia vibrazionale, e un metodo di datazione meccanico collocano l’origine della Sindone all’epoca di Gesù.
Il Carbonio 14
Le peculiari caratteristiche del sangue formano l’oggetto del sesto capitolo. Il sangue esistente sulla Sindone ha un colore più rosso del normale per la presenza di bilirubina ed è stato dimostrato da esperimenti scientifici che questo è dovuto a un’irradiazione di luce ultravioletta. Inoltre sulla Sindone è presente la metaemoglobina, un prodotto della degradazione dell’emoglobina fortemente ossidata e invecchiata, a conferma che si tratta di sangue antico. Viene anche smentita la teoria di una realizzazione ad arte delle macchie sanguigne da parte di un falsario medievale, con validi argomenti che sono stati confermati da esperimenti presentati nel capitolo successivo. In questo settimo contributo si parla anche della probabile lussazione di una spalla che si desume dall’impronta sindonica. Ma la novità più clamorosa viene da uno studio statistico.
Nel 1988 la Sindone fu datata con il metodo del Carbonio 14. In base a questa analisi, risalirebbe a un periodo compreso tra il 1260 ed il 1390 d.C. Però le modalità dell’operazione di prelievo, la zona del campionamento e l’attendibilità del metodo per tessuti che hanno attraversato vicissitudini come quelle della Sindone sono ritenute insoddisfacenti da un numero rilevante di studiosi.
Nel 2019 l’analisi statistica dei dati grezzi del test radiocarbonico ha definitivamente smentito la validità di quel risultato, in quanto i campioni utilizzati erano disomogenei e non rappresentativi dell’intero lenzuolo. È notevole che la pubblicazione dei risultati di questa nuova ricerca sia avvenuta proprio su Archaeometry, rivista dell’Università di Oxford, dove si trova uno dei tre laboratori che datò la Sindone nel 1988.
Gli ultimi capitoli
Nel campo storico un ampio e documentato contributo presenta nell’ottavo capitolo nuovi motivi a sostegno dell’ipotesi che la Sindone, scomparsa da Costantinopoli durante il saccheggio della IV crociata (1204), sia stata portata in Europa da Othon de la Roche e sia arrivata nelle mani di una sua discendente, Jeanne de Vergy, moglie di Geoffroy de Charny. Seguono due capitoli che danno spazio alle indagini medico-legali, in particolare sulle cause della morte di Gesù alla luce dei Vangeli e della Sindone.
Le indagini storiche e scientifiche sgomberano quindi definitivamente il campo da qualsiasi dubbio sull’autenticità della Sindone. Come tema finale viene proposta una meditazione spirituale sulla Sindone, definita come lenzuolo della risurrezione.
I contributi raccolti in questo volume aiutano dunque il lettore a compiere un viaggio di scoperta su questi temi complessi, che vengono affrontati in modo chiaro ed esauriente, con la possibilità di approfondire ulteriormente l’argomento grazie a ricche note bibliografiche. Viene così compiuto un percorso fra storia, scienza e fede che getta nuova luce sul mistero racchiuso nella Sindone.