«Happiness. It comes on / Unexpectedly. And goes beyond, really, / any early morning talk about it».
(Felicità. Arriva / inaspettata. E va al di là, davvero, / di qualsiasi chiacchiera mattutina sull’argomento»).
Questo verso di Raymond Carver, tratto dalla poesia Felicità, condensa efficacemente la parabola esistenziale dello scrittore americano. Su di lui molto è stato scritto e le sue opere hanno conosciuto un successo internazionale, ma la recente riproposta della sua opera omnia poetica è un unicum di cui gli amanti di Carver sentivano il bisogno (Raymond Carver, Tutte le poesie, 2 voll., a cura di William L. Stull, introduzione di Tess Gallagher, traduzioni di Riccardo Duranti e Francesco Durante, Minimum Fax, Roma 2021, pp. 1204, euro 30).
Nuova edizione Minimum Fax
Soprattutto perché tale raccolta si avvale del testo originale a fronte e di un’intervista inedita che apre nuovi scenari per l’approfondimento di questo grande scrittore. Vi troviamo, ad esempio, una dichiarazione di metodologia e poetica: «Nella mia vita, nel mio pensiero e nella mia scrittura non sono incline alla retorica o alle astrazioni, perciò quando scrivo di persone voglio inquadrarle in un contesto che sia il più concreto possibile. Ciò potrebbe comportare l’inclusione nel contesto di un televisore, di un tavolo, o di una penna biro su una scrivania, ma se questi oggetti vanno inseriti sulla scena non dovrebbero restare inerti. Con questo non intendo dire che dovrebbero assumere una vita autonoma, ma che la loro presenza dovrebbe essere percepita» (Raymond Carver, Op. cit., pp. 16-17).
Per comprendere appieno l’importanza di questa pubblicazione mi appoggio alle parole di Tess Gallagher secondo cui «per conoscere il Ray scrittore basta conoscere i suoi racconti, ma per conoscerlo in quanto uomo, come essere umano, per conoscere il suo cuore e le sue emozioni come se fosse seduto davanti a voi, il Carver intimo, se preferite, dovete leggere la sua poesia: per la sua profondità spirituale, la sua sfida quotidiana alla vita, la sua trascendenza e la sua meravigliosa tenacia».
Perché in Carver la commistione tra vita e opera è così pregnante da rappresentarne l’ossatura principale. Ripercorriamo i passi che più di altri hanno segnato la sua vita.
Carver nasce nel 1938 a Clatskaine (Oregon, Usa) ma ben presto si trasferisce con i genitori a Yakima, nello Stato di Washington dove inizia a lavorare come operaio in una segheria insieme al padre. All’età di 18 anni si sposa con Maryann Burk, da cui aveva precedentemente avuto un figlio e con cui l’anno successivo avrà la secondogenita, Vance Linsday.
Dopo aver frequentato il corso di Scrittura creativa alla Chico State University, nei successivi 10 anni (1958-1968) Carver inizia a pubblicare i suoi primi lavori; dapprima racconti e prose, poi, una serie di raccolte poetiche che riscontrano un certo successo da parte della critica.
In questo stesso periodo, però, iniziano a manifestarsi i primi sintomi di dipendenza dall’alcol che segnerà indelebilmente la vita di Carver, motivo per cui deciderà di cominciare a frequentare gli incontri degli Alcolisti Anonimi.
Questo percorso, congiuntamente all’incontro con la poetessa Tess Gallagher (1943), gli permetterà di liberarsi dalla dipendenza. Nel 1978, a causa di attriti ormai insanabili, decide di separarsi da Maryann; poco dopo va a vivere con Tess prima a Chimacum, nello stato di Washington e poi a Tucson e Port Angeles.
Fino al 1987 la vita dei due amanti sembra scorrere serena, tra viaggi di lavoro, soggiorni in Europa (Parigi, Milano, Roma e Zurigo) e un riconoscimento internazionale delle opere di Carver. Nel settembre di quell’anno, tuttavia, in seguito ad una emorragia polmonare, Raymond viene operato per un tumore ai polmoni. L’anno successivo il tumore riappare al cervello, motivo per cui nel giugno del 1988 decide di sposare Tess, che rimarrà al suo fianco fino al giorno della sua morte, il 6 agosto.
Il Carver poeta di Antonio Spadaro
Per un approfondimento sulla vita e la poetica di Raymond Carver mi è stato fondamentale il recente volume di Antonio Spadaro, Creature di caldo sangue e nervi». La scrittura di Raymond Carver (Ares, Milano 2020, 192, euro 13,50), che mi ha attratta a Carver come una calamita. La sua vita, la sua drammatica vicenda esistenziale, mi ha fatto prendere coscienza che stare al mondo è una lotta continua, ma è anche una sfida a fare del proprio meglio anche se i fantasmi del passato tornano puntuali a tormentarci e a disturbare quel precario equilibrio che siamo riusciti faticosamente a costruirci.
Le battaglie della vita di Carver sono state l’alcol, prima, e il cancro poi. Sono state la ricerca del proprio posto sulla terra. E lui è riuscito a trovarlo grazie all’amore di Tess Gallagher, ma soprattutto grazie alla scrittura.
Raymond Carver è stato tra i più grandi autori del Novecento tanto da meritarsi il titolo di Čechov d’America. Ha scritto diversi racconti – Vuoi star zitta, per favore?, Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, Stagioni furiose e altri racconti, anche se il più famoso rimane Cattedrale, e ha scritto poesie, come le raccolte Dove l’acqua con altra acqua si confonde, Blu oltremare e Quei giorni.
E ciò che in un racconto troviamo scritto in 6/7 pagine, in poesia è condensato in pochi versi che il più delle volte sono un’epifania. Perché «il compito dello scrittore, sempre che ne abbia uno, non consiste nel fornire soluzioni o risposte. Se la storia risponde a sè stessa, ai suoi problemi e conflitti, e se soddisfa i propri requisiti, questo mi sembra sufficiente».
Come in Felicità, quando solo alla fine, solo dopo che Carver ha descritto due ragazzi, due amici, che percorrono la strada prima dell’alba per consegnare il giornale, viene presentata una verità più vera di qualsiasi altra: la felicità arriva inaspettata; così è per Carver e così è per tutti noi.
Il quotidiano diventa epifania
La forza di Carver è racchiusa nel non scritto, nella sua capacità di concentrare l’attenzione su momenti insignificanti, decisamente prosaici, come sturare l’orecchio di un ex marito, in attesa di dirsi «cose importanti» o l’attesa di un evento che tarda a venire e che forse mai verrà. È sorprendente notare la sua attenzione ai dettagli: colleziona i fatti minimi delle giornate, che a quasi tutti noi sfuggono inesorabili. È impressionante l’essenzialità della poesia di Carver: usa le parole più quotidiane per raccontare l’avventura dell’uomo. Leggere Carver significa lasciarsi vincere dallo stupore: di capire ciò che lui vuole trasmettere oppure di non capirlo. Ed è proprio in quel momento, quando ti chiedi perché non hai capito, che finalmente tocchi il suo orizzonte. Raymond Carver non racconta avvenimenti epici o mitici, ma la vita di tutti i giorni con una lucidità quasi scientifica. Ed è per questo che ogni lettore non può fare a meno di immedesimarsi. Perché la sua letteratura parla di ciascuno di noi. Parla di una persona che torna a casa dal turno di notte e fantastica sulla collega di sua moglie; parla di una donna che ha appena perso un figlio e di uno stalker che continua a chiamarla finché non gli viene spiegato come stanno le cose; parla di un uomo diffidente nei confronti di un cieco amico di sua moglie. Ma l’incontro con lui trasforma l’iniziale diffidenza in curiosità e la poi curiosità in affetto.
Perché l’affetto, la tenerezza è uno dei grandi temi che Raymond Carver ci ha lasciato in eredità. Sulla sua tomba è incisa la sua ultima poesia, scritta appena prima di morire: «E hai ottenuto quello che / volevi da questa vita, nonostante tutto? / Sì. / E cos’è che volevi? / Potermi dire amato, sentirmi / amato sulla terra».