Amburgo ha molte anime e molti volti, che riescono a convivere insieme in un’armonia dissonante ricca di stimoli, sia per la mente che per l’immaginazione. Pensatela come una città in costante movimento e in perenne evoluzione: un luogo in cui il presente è ricco di passato, pur essendo avido e desideroso di futuro.
Visitarla di fretta, senza prestare la dovuta attenzione, sarebbe davvero un peccato. Perché Amburgo, in fondo, è più che una città. È più che un solo luogo.
I suoi contrasti sono tali e tanti da renderla multiforme, sorprendente e impossibile da comprendere in un unico pensiero.
Il sole, adesso, ha appena cominciato a tramontare. Dall’alto della torre contraerei Flakturm – voluta da Hitler a seguito dei bombardamenti del 25 agosto 1940 – si ammira lo squallore moderno della Feldstrasse. Il mercato delle pulci sta per terminare e i venditori – stanchi di stare in piedi – cominciano a impacchettare per bene le cianfrusaglie invendute e a riporle con cura in grosse scatole di cartone che, con fatica, dovranno essere trasportate fino a casa.
La Flakturm è grigia, spaventosamente oscura. Quadrata, al centro, e contornata agli angoli da altrettante torri sulle quali – un tempo – troneggiavano i cannoni nazisti: supportati da una struttura di cemento inespugnabile, che la pace ha trasformato in una discoteca. In un luogo di sballo.
Alla fermata dell’autobus sottostante, frattanto, i venditori del mercato delle pulci s’incontrano. Fra loro spicca una giovane coppia vestita di mille colori. Lui tedesco, biondissimo, lei giapponese: minuta, e cortese in ogni movimento. Insieme caricano a bordo gli scatoloni dell’invenduto. Sorridono, si baciano.
Insieme sono felici. E la loro felicità riempie l’autobus rendendo tutti più ottimisti.
Una città piena di storia
È tempo per una lunga passeggiata lungo le sponde del fiume Elba, popolate da imponenti ville bianche che richiamano alla mente la costa inglese della Cornovaglia. Le loro ampie finestre raccontano quasi soltanto abbondanza, benessere e privilegio. I loro giardini sono uno sfoggio di siepi, alberi e statue.
Ci troviamo nel quartiere di Blankenese: la più impeccabile, fra le tante anime amburghesi.
Un’area residenziale e cinematograficamente lenta, in cui il silenzio regna dalla mattina alla sera indisturbatamente, e in cui l’atmosfera da paese rende inattuale la frenesia del centro. Si respira, invece, un’atmosfera baltica, anseatica. Tutti camminano senza fretta e le botteghe chiudono alle 18.00.
Tra dolci e rivoluzione
Fu proprio fra queste strade un po’ irreali che, il 18 giugno del 1790, l’eccentrico pasticcere Paridon Burmester – celebre per la bontà dei suoi dolciumi – decise di salutare con una cannonata a salve il passaggio di una grossa nave che, proprio in quel momento, stava sfilando davanti alla sua rivendita. Tanto eccesso di entusiasmo, però, gli sarà fatale.
Il cannone, inceppatosi, esploderà tra le sue mani, costringendolo a una morte lenta e dolorosa.
Sua moglie – scoprendosi inadatta al ruolo di vedova – troverà ben presto alternativa consolazione, sposando in seconde nozze il bel rivoluzionario francese Daniel Louis Jacques, appena emigrato in Germania.
Insieme, i due manderanno avanti la pasticceria di Paridon Burmester fino a renderla leggendaria.
La loro storia ce la racconta (a voce molto bassa, per non disturbare chi siede nelle vicine poltrone ovattate) la signora Ulrike Mann, responsabile delle pubbliche relazioni per l’Hotel Louis C. Jacob: un albergo che dal rivoluzionario francese Daniel Louis Jacques prende il nome, e che della pasticceria di Paridon Burmester porta alta la reputazione fin dal 1791, anno in cui venne inaugurato.
Il lusso nostalgico
Magicamente disposto sulle sponde del Fiume Elba questo piccolo Grand Hotel stupisce per diversi motivi: la sua collezione di 500 opere d’arte, fra le quali spicca un bellissimo Max Liebermann, i tanti petali d’ortensia immersi nell’acqua dei vasi pur di nascondere alla vista i gambi delle rose, la sconfinata selezione di tè, i binocoli disponibili nelle camere con vista per meglio ammirare il passaggio dei transatlantici, la colazione in camera con l’augurio di una buona giornata, scritto a mano dal pasticcere con il cioccolato fuso su un cerchio di marzapane, e, in particolare, l’aria Art Deco e l’atmosfera senza tempo che si respirano ovunque.
Qualche volta, in bassa stagione o – più di rado – nel fine settimana, la tariffa della camera doppia scende al di sotto dei 300 euro.
Una vera occasione per chi desidera sentirsi re per una notte senza, però, dover spendere un patrimonio.
E così, dalla torre contraerei voluta da Hitler per proteggere Amburgo dai bombardamenti, passando per il mercato delle pulci di Feldstrasse, siamo giunti all’eleganza senza tempo dell’Hotel Louis C. Jacob. E ora, tra autobus di prima e di seconda classe e semafori che segnala
no quanti secondi mancano allo scattare del verde, raggiungiamo l’Alsertor: la vetrina del cuore amburghese e dei suoi più orgogliosi palazzi.
L’apparenza severa
Qui, sopraffini barbieri propongono in vetrina rasoi e pennelli il cui costo rasenta quello di un frigorifero. Per non parlare dei gioiellieri! I cui prezzi fanno rizzare i capelli anche ai più benestanti. Eppure, nonostante tanto eccesso di eleganza, Amburgo non mette mai in imbarazzo chi la visita. Non è questa la sua vocazione – altrimenti gli uomini d’affari non andrebbero in giro, vestiti di tutto punto, a sorseggiare zuppa di funghi to go da grossi bicchieri di carta.
Amburgo, piuttosto, è una città severa nell’aspetto – soprattutto nel Gänsemarkt, dove imponenti edifici dai mattoni scuri ricordano la Copenaghen più tetra e invernale – ma generosa nell’anima.
La sua apparente severità, dunque, è impreziosita da tolleranza, da bellezza e da diversità e, qualche volta, perfino dal passaggio del transatlantico Queen Mary: una nave talmente imponente da lasciare un segno indelebile nella memoria.