Milano Malpensa-Amman, sul nostro volo incontro inaspettato con Nizar, due anni fa nostra guida tra i souk infuocati di Hebron e i vicoli stretti di Betlemme. Coincidenze? Segni del destino? Sembra che un filo luminoso leghi questo nostro viaggio in Giordania a una Terra Santa cercata e sognata senza più confini.
Quando scendi da Amman – a 800 metri circa di altitudine – verso la Valle del Giordano hai l’impressione di scivolare lentamente in continue svolte e tornanti verso il centro della terra. A entrambi i lati della strada officine, venditori di frutta e verdura, costellazioni di palme e fuoristrada come relitti nella polvere, sempre più giù fino a verdi distese di banani e ancora palme, palme fino a toccare il cielo.
A Betania oltre il Giordano, nel luogo del battesimo di Gesù, immergi le dita nell’acqua melmosa del fiume e segnandoti con la croce pensi alla scabra semplicità di questi luoghi dove tutto è iniziato, al loro mistero di morte e resurrezione. Sventola alta sopra di noi la bandiera verde, bianca, nera e rossa della Giordania e a pochi metri, sull’altra sponda del fiume, quella biancoazzurra della zona militare israeliana. Non vedi Gerico e la West Bank pochi chilometri più in là ma puoi avvertirne la presenza come un’oscura, strana premonizione.
Nasce prima la parola o il canto? Dalle rovine della città alta di Jerash, l’antica Gerasa della Decapoli romana, sentiamo la preghiera dei muezzin risalire come un’onda dalla vallata e la sua vibrazione farsi terra, farsi pietra, ritornare in quel vento da cui era venuta.
Il deserto
Castelli del deserto, Qusayr Amra. Guidando verso est si è stretti tra Siria, Iraq e Arabia Saudita e si percorre un deserto rossiccio attraversato da camion e fiancheggiato da tralicci elettrici, campi profughi prefabbricati e campi di addestramento con le foto di ʿAbd Allāh II di Giordania, zone recintate militari. Dal deserto impari l’essenziale.
Scendi in una terra che non sembra appartenere a nessuno ma sferzata solo dal vento e dalla potenza degli elementi naturali. Senti il richiamo minaccioso di una tempesta in avvicinamento e la sabbia vorticare in miriadi, terra e polvere, polvere e terra su ciò che noi siamo. Allora capisci l’essenzialità della kefiah biancorossa degli agricoltori e beduini del deserto e la avvolgi stretta intorno al capo come un’isola protetta dai venti, un’oasi di verde quiete, una fortezza di cotone prima che tutto sia inghiottito dalla polvere.
Terra di colori e profumi
I profumi e i colori della Giordania sono quelli di un’area estesa che dalla Grecia si spinge verso Levante: il verde scintillante di olive e cetrioli, il rosso amaranto del sumac – antica spezia mediorientale dal sapore salato e acidulo – sul giallo chiaro dell’hummus accompagnato dalla pita, l’affumicato del babaganoush di melanzane, il pungente cumino dei falafel nelle mezé, i tradizionali antipasti del mondo greco, turco e arabo. Lo za’atar, tipica miscela di erba e spezie sparsa con olio sulle focacce ti trasporta con i suoi mistici aromi al centro del Mediterraneo. Il kuftah di carne di agnello tritata in una densa salsa di sesamo – tahini – ti conduce in un mondo duro e contemplativo di antiche popolazioni nomadi, di beduini e pastori.
E quando il profumo della menta si sprigiona nel tè scuro – shay bil na’na’ – allora i giordani ti guardano dritto negli occhi con un sorriso estatico come a dirti: questa mano sul cuore è anche tua, a questa terra di polvere rossa e azzurri esplosi anche tu appartieni.